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R Recensione

8/10

La Prima Cosa Bella regia di Paolo Virzì

Commedia Italiana
recensione di Alessio Tommasoli

Cosa vuol dire avere una mamma bellissima, vitale, frivola, imbarazzante? E' il cruccio che ha accompagnato tutta la vita di Bruno, primogenito di Anna, fin da quando aveva otto anni. Tutto comincia nell'estate del 1971, quando assistendo alla tradizionale elezione delle Miss dello stabilimento balneare più popolare di Livorno, Anna viene inaspettatamente chiamata sul palco ed incoronata come mamma più bella. Da allora, nella famiglia Michelucci, arriva lo scompiglio e per Anna, per Bruno e per la sorella Valeria, inizia un'avventura che si concluderà  solo ai giorni nostri, con un inattesa struggente riconciliazione.

Per poter costruire un futuro che sia fatto di felicità, di “cose belle”, spesso è inevitabile affrontare il passato, con tutti gli spettri che esso si porta dietro, seppure per farlo sia necessario, oltre al coraggio del rischio, la capacità del perdono, con la quale soltanto si può rivalutare il presente e cogliere ogni cosa sotto una luce differente, tanto da riuscire a trasformare l’intero giudizio su di una persona. È quello che fa Bruno (Valerio Mastrandrea), e forse, attraverso di lui, è quello che fa anche Paolo Virzì, rispettivamente protagonista e regista de La prima cosa bella. Il film presenta la vita di Bruno, professore di lettere a un istituto tecnico, poeta mancato, uomo apatico e infelice, trasferitosi da Livorno a Milano. La sua vita viene improvvisamente travolta dalla visita della sorella (Claudia Pandolfi) venuta ad annunciargli la malattia irreversibile della madre (Stefania Sandrelli) e decisa a riportarlo da lei. A contatto con la sua città natale e soprattutto con la vitalità infinita della madre, Bruno si apre al ricordo critico del suo passato, al tempo in cui, insieme con la sorella più piccola, veniva trascinato continuamente dalla giovane e bella madre (Micaela Ramazzotti) nelle sue avventure attraverso l’Italia degli anni ’60, alla ricerca di una stabilità costantemente allontanata da amori sbagliati e obbiettivi irraggiungibili, immersa sempre nella difficoltà e nella precarietà. Affrontare la madre e il suo passato è per Bruno un trauma che cerca di sopportare con il distacco della sua apatia, ma lentamente, attraverso il processo dei ricordi, tutto si trasforma in una cura per la sua infelicità: dalla figura della madre, caricata fino ad allora da Bruno della responsabilità di un’infanzia trascorsa nell’incertezza che determinerà la sua intera vita, emerge la sostanzialità di un amore incondizionato che si manifesta come la base di un legame indissolubile tra sua madre, sua sorella e lui. Lo spettro di una madre disprezzata per la sua irresponsabilità si trasforma e prende corpo nella figura di una donna che manifesta la sua grandiosa vitalità di fronte alle crudeltà della vita e soprattutto di fronte alla crudeltà più estrema della malattia: alla sua morte, quasi come un istinto, entrambi i figli sembrano sentire il senso di una sua eredità che li porterà a scegliere di cancellare le loro vite insoddisfatte e iniziarne altre fatte soltanto di “cose belle”, a partire da lei, la madre, “la prima cosa bella”.   Con La prima cosa bella Paolo Virzì non si stacca dal filone della commedia all’italiana che lo ha caratterizzato come regista, eppure dopo Tutta la vita davanti e Caterina va in città, riesce ad uscire da quel pericoloso gioco in cui rappresenta i luoghi comuni dell’Italia contemporanea che rischiava di condurlo a una sterile produzione di rappresentazioni caricaturali della nostra società. Ma vi riesce solamente grazie a un grandissimo rischio, quello di realizzare un film vicino all’autobiografia ambientandolo nella sua città natale, Livorno, e imprimendo in esso un pathos proprio solo a chi sta rivelando qualcosa di sé stesso. Tuttavia Virzì riesce nell’intento di non scadere nella mera autobiografia, anche grazie alla bravura del cast che lo circonda: Mastrandrea, ancora una volta nel ruolo del disilluso e apatico uomo al centro di una vita che scorre di fronte alla sua volontaria immobilità (come già in Non pensarci), Claudia Pandolfi, forse nella sua interpretazione più convincente, Micaela Ramazzotti, in uno di quei ruoli che Virzì sembra ritagliare perfettamente a sua misura (come già in Tutta la vita davanti) e la bravura di Stefania Sandrelli, capace di riportare magistralmente la figura piena di vita della madre nel momento delicato della fine. È forse grazie alle loro interpretazioni che La prima cosa bella riesce totalmente nel difficilissimo intento di rappresentare una storia drammatica sempre sul filo di una comicità semplice e spontanea: resta nella memoria quello splendido miscuglio di sensazioni che colpisce lo spettatore nella scena della morte della madre riuscendo a strappare dei sorrisi tra le lacrime.    

V Voti

Voto degli utenti: 7,3/10 in media su 7 voti.

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SanteCaserio (ha votato 5 questo film) alle 0:59 del 29 gennaio 2010 ha scritto:

Sono di parte

Non tenete conto del mio voto. Verso Virzì ho un pregiudizio molto forte, che influenza il giudizio. Dè, il livornese poi e 'na sofferenza. Si poteva fare un pohinino di più sul dialetto! Sulla recensione nulla da dire (anzi giusti i riferimenti agli altri film e alla Ramazzotti). Però non rieco a togliermi una sensazione di fastidio, di inverosimilità delle situazione che non tocca mai in profondità. Il fastidio di una società in cui non mi riconosco secondo alcuni amici... Comunque il migliore tra gli ultimi lavori (odio Tutta la vita davanti)

Peasyfloyd (ha votato 7 questo film) alle 11:00 del 31 gennaio 2010 ha scritto:

come odi tutta la vita davanti? E' un gioiellino quel film! (questo non l'ho ancora visto ma non vedo l'ora, non ho nessun pregiudizio verso Virzì anzi lo stimo abbastanza)

SanteCaserio (ha votato 5 questo film) alle 12:14 del 31 gennaio 2010 ha scritto:

...

Diciamo che il sospetto è di avere davanti un regista che fa un film sui call center senza averci messo piede, citando concetti filosofici "a caso", con collegamenti discutibili

Peasyfloyd (ha votato 7 questo film) alle 12:54 del 31 gennaio 2010 ha scritto:

sei troppo movimentista! Io faccio una scissione ))

alla fine è un intellettuale-artista che cerca di aiutare un ideale come meglio crede ed è in grado di fare, cioè facendo film-commedie gradevolissimi e in grado di far riflettere persone non schierate. farà qualche strafalcione ogni tanto? si, può darsi, in fondo il ritratto che ha fatto di quel call center, per quanto ultra-caratterizzato ed esasperato che fosse non è forse una cosa sublime nella sua grottesca ironia?

Diamo a cesare quel che è di cesare e a virzì quel che è di virzì. E cerchiamo di non lanciare merda addosso a quelli che riescono a parlare così bene di precarietà!

SanteCaserio (ha votato 5 questo film) alle 13:06 del 31 gennaio 2010 ha scritto:

come ti sei scatenato! Guarda non è un giudizio da snob il mio. Apprezzo i film meno "impegnati" e mi fa piacere vedere la sede del PCI in un film come La prima cosa bella, comprendendo l'importanza di veicolare messaggi a un pubblico largo. Però trovo le scelte di Virzì fastidiose. Non saprei argomentarti a modo. Per continuare la discussione su Tutta la vita davanti direi di prenderci a schiaffi sul forum o su una recensione specifica però . Comunque non pensare di poter affrontare grandi discussioni. Ci sono quei registi che non riesci a sopportare. Io a 12 anni (penso, non ricordo l'età precisa) presi male Ovosodo. Da lì non mi sono più ripreso. Se non posso avere opinioni a cavolo sei stalinista e la scissione la faccio io (ihihi)!

Battute a parte non vedo l'ora di discutere su quanto "parli bene di precarietà".

Peasyfloyd (ha votato 7 questo film) alle 13:32 del 31 gennaio 2010 ha scritto:

massì figurati te vojo bien, non mi animo mica per così poco. Ne parleremo cmq più con calma un giorno, chissà...

target (ha votato 8 questo film) alle 12:17 del 6 febbraio 2010 ha scritto:

Ahah, che simpatici leninisti che siete. A me il film è piaciuto e sono d'accordo con il recensore. Un plauso, poi, per la ricostruzione degli ambienti, scelti sempre con cura sopraffina da Virzì (penso soprattutto agli interni), e un plauso ancora per altre prospettive di sagra popolare all'italiana che pochi sanno rendere come Virzì (fin da "ferie d'agosto"). In che senso, Dmitrij, si poteva fare di più sul dialetto? L'unica critica che mi viene da fare è alla lunghezza (esagerata) del film: la seconda parte è un po' pesante, e un personaggio come il fratellastro spuntato all'improvviso dal nulla poteva benissimo (per me) essere eliminato.

SanteCaserio (ha votato 5 questo film) alle 13:09 del 6 febbraio 2010 ha scritto:

Ho parenti livornesi e spesso mi ci metto a parlare in dialetto. Budello n'fame si poteva far di più!

Peasyfloyd (ha votato 7 questo film) alle 0:47 del 28 giugno 2010 ha scritto:

visto. Discreto, molto elegante ma un pò troppo compassato e sentimentale nelle parti sugli anni '70 (quindi sostanzialmente nella prima parte). Un pò più scattante nella seconda dove però viene a calare la rappresentazione della realtà contemporanea (condivido le critiche del target: finale un pò troppo da fiction). In generale non ho capito bene dove si volesse andare a parare, devo ammetterlo, mi è sembrata una narrazione un pò fuori fuoco senza una finalità ben precisa. L'interpretazione che ne dà Alessio nella rece è giustissima però non credo che il regista sia riuscito a renderla a dovere. Tutto sommato si salva per una serie di grandi recitazioni, per l'eleganza formale e tecnica complessiva e per una serie di scene notevoli.

Ah la cacciata della donna sul pianerottolo è chiaramente un omaggio al Monicelli di Romanzo Popolare!

loson79 (ha votato 8 questo film) alle 17:56 del 3 novembre 2010 ha scritto:

Virzì mai piaciuto. Questo film però mi ha davvero colpito, pur con tutte le sue (piccole, delicate) imperfezioni. Tremo al solo pensiero di cosa potrebbe accadere se vincesse la statuetta iridata: con buona probabilità sarebbe l'affossamento definitivo del cinema italiano, peraltro già da un ventennio ridotto a macchietta (eccetto qualche caso eclatante ma sporadico). In ogni caso, film assolutamente eccellente e protagonista meravigliosa.

simone coacci alle 10:19 del 4 novembre 2010 ha scritto:

RE:

Questo non l'ho ancora visto. Anche perchè quando critica e pubblica sono troppo unanimi di solito m'insospettisco. Però Virzì è l'unico credibile erede (assieme forse al primo Salvatores) dei grandi della commedia all'italiana. I suoi film fino a "Ovosodo" mi piacciono molto. Poi dopo una discreta eclissi, qualcosina, a sprazzi. Questa potrebbe essere la sua consacrazione.