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9/10

Il Bandito Delle Ore Undici regia di Jean-Luc Godard

Drammatico
recensione di Alessio Colangelo

Ferdinand e Marianne inseguiti da un gruppo di malavitosi algerini scappano per tutta la Francia cercando di raggiungere l'italia. Ce la faranno? Film fondamentale per comprendere la Nouvelle Vague 

Pierrot non ama essere chiamato così, e insiste a dire di chiamarsi Ferdinand. Godard ci racconta una storia d’amore tra un uomo borghese stanco della sua vita durata 5 anni in compagnia di sua moglie e sua figlia e una donna appartenente a una banda di criminali che incontra in occasione di una festa. I due  hanno in comune l’omicidio di un uomo, un trafficante d’armi, decidono così di partire nel loro viaggio che li porterà nel sud della Francia dove si ritroveranno a discutere di poesia e dei grandi temi dell’esistenza prima del tragico epilogo.

Cosa renda Pierrot un film unico nel suo genere è presto detto: Godard. Il regista con la sua concezione personale di cinema non scade mai nel banale e porta lo spettatore a interrogarsi costantemente su quale sia il suo ruolo in questo film; è emblematica la scena nella quale Jean Paul Belmondo in macchina dice “Vedete, pensa solo a divertirsi” “A chi parli?” “Agli spettatori”. In queste battute finisce l’illusione, Godard ci ha voluto informare che i personaggi sono consapevoli di essere in un film, sanno di recitare, ma forse Pierrot le Fou è proprio questo, un’indagine su quello che pensano gli attori mentre stanno interpretando dei ruoli. Godard è  in grado di filmare scaramucce amorose fra i due, ma poi, con un salto notevole, arrivare all’epilogo conturbante con la deflagrazione del rapporto dei due protagonisti.

Numerosi sono i riferimenti alla pittura durante tutto il film e già dalle scene iniziali della festa le immagini monocromatiche si susseguono quando Ferdinand cambia stanza. Riferimenti pittorici alla Pop Art si articolano nelle varie scene, molto spesso Godard pone un’immagine fissa che può essere un quadro di Velazquez , Renoir o Picasso. Due canzoni, "Ma ligne de chance" e "Jamais je ne t'ai dit que je t'aimerai toujours" di Duhamel e Bassiak, vengono eseguite dai due protagonisti con vivaci balletti. E’operazione difficile iscrivere Pierrot in un genere, si va dal poliziesco al noir, dal film “on the road” al dramma d’amore.

Nel finale ascoltiamo il discorso tra Ferdinand e un uomo su un molo che dice di sentire ossessivamente una musica dentro la sua testa, ma la musica viene messa in sottofondo così che noi spettatori possiamo sentirla e quell’uomo, che agli occhi di Ferdinand sembra un pazzo, comincia ad apparirci normale. Pierrot le Fou è tutto e nulla, è il bello e il brutto, il notturno e il diurno, il reale e l’irreale. Bravissimo nel suo ruolo è Jean Paul Belmondo, con i suoi salti e piroette circensi sui rami di un albero alternati con l’immagine di una penna che scrive una poesia su un taccuino, a enfatizzare un cinema attivo, ma con una costante vena riflessiva.

Da non dimenticare la componente politica di Godard che traspare nel film quando la radio parla dei 150 morti in Vietnam e quando Ferdinand, vestito da ufficiale e Marianne, da vietnamita, improvvisano una rappresentazione pantomimica sulla spiaggia per derubare i turisti: un modo del regista per condannare la guerra sbeffeggiandola.

V Voti

Voto degli utenti: 9,7/10 in media su 3 voti.
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loson79 10/10
Cas 9/10

C Commenti

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alejo90 alle 19:07 del 16 dicembre 2011 ha scritto:

approvo: gran regista, gran film.

Finale superbo.

loson79 (ha votato 10 questo film) alle 20:28 del 21 dicembre 2011 ha scritto:

Da qualche parte ci stava pure Anna Karina in 'sto film, o sbaglio? ;D Scherzo, bella rece e film inevitabilmente immenso.

Cas (ha votato 9 questo film) alle 21:52 del 23 dicembre 2011 ha scritto:

Che coppia, Belmondo-Karina. Film stupendo, sregolato, frizzante, pieno. Come d'altronde la maggior parte dei Godard primi anni '60... Anche se personalmente sono rimasto stregato da "Vivre sa vie": lo sguardo di Anna durante il dialogo filosofico mi fa sempre venire la pelle d'oca.