Mary Poppins regia di Robert Stevenson
FamigliaPresso i distratti coniugi Banks, direttamente planando dal cielo, per tenere a bada due turbolenti bambini (Jane e Michael), arriva Mary Poppins, una tata dotata di magici poteri, . Non si pò negare che porti un po'di scompiglio, ma alla fine porterà anche l'armonia e tanta felicità (anche grazie al saggio spazzacamino Bert)
Che cosa rende immutabile il successo di questa bambinaia canterina dagli straordinari poteri magici da ben otre 45 anni, tanto da diventare una vera e propria icona pop (a tal punto che perfino il suo abito è diventato parte del nostro immaginario collettivo)?
Il fascino discreto dell'anarchia.
Che ci crediate o no, dietro l'apparenza conformista della tata canterina (vale un po' lo stesso discorso per l'altra istitutrice dall'ugola d'oro targata Julie Andrews: fraulein Maria), si nasconde una forza eversiva difficilmente controllabile: solidarizza con un proletario (lo spazzacamino Bert, Dick Van Dyke nel suo ruolo giustamente più famoso), dinamitarda dall'interno la borghesissima sicurezza di un bancario, tra l'altro privo di umanità e forse un po' reazionario, vista la sua avversità per le suffragette (un David Tomlinson britannicamente impeccabile), riempie una casa onorata di spazzacamini danzanti e scatenati (tra l'altro con suo sommo divertimento), ma riesce comunque a riportare nella famiglia Banks la giusta scala di valori: l'affetto e l'amore (che si può dimostrare anche tramite le piccole cose: i due penny da donare di cuore) deve venir prima di una banca, di una causa politica o di qualsiasi altra cosa.
In più,Mary Poppins, femminista ante litteram, non teme di rispondere a muso duro (di fronte all'intimazione risentita del signor Banks – uomo e suo datore di lavoro - di spiegare quell'invasione di spazzacamini in salotto) con un:”Sia ben chiara una cosa.” per poi aggiungere con sorridente naturalezza: “Io non spiego mai niente:”
Non si può negare che il merito di aver reso indimenticabile questo personaggio va indubbiamente all'attrice che gli diede corpo: Julie Andrews, che si aggiudicò un Oscar cancellando qualsiasi altra concorrente (e prendendosi una rivincita con ”l'uomo che ha reso possibile tutto questo: Mr. Jack Warner”, come ebbe a dire la Andrews stessa – con una faccia tosta ed una grazia ammirevole - ritirando il Golden Globe, che l'aveva scartata poco prima come interprete cinematografica di “My Fair Lady”, benchè ne fosse stata applaudita protagonista a Broadway).
Sa esser convincente sia nei momenti arcigni che in quelli teneri, per poi arrivare a sbalordire quando canta l'allegro ritornello nonsense di “Supercalifragilistic-espiralidoso” o l'ottimistico invito all'operosità di “Un poco di zucchero” o la toccante “Sempre, sempre, sempre”.
In Italia, però, il suo poto è preso, nella recitazione, dalla bravissima Maria Pia Di Meo (imperatrice delle dive degli Anni Sessanta) e, nel canto, da una sbalorditiva Tina Centi, cantante di una bravura ineguagliabile che passa, con la stessa disinvoltura della Andrews, dalla dolcissima ninna nanna di “Sempre, sempre, sempre” (superando la collega americana, forse. Che dio mi perdoni la blasemia!) all'ironia de “L'educazione dei bambini”, con cui mette nel sacco il signor Banks costringendolo a portare i bambini alla banca (episodio che darà una svolta positiva nella vita familiare dei Banks).
Non meno bravi sono alcuni giganti del nostro doppiaggio come Giuseppe Rinaldi (Mr. Banks), Oreste Lionello (Bert, prima che approdasse a Woody Allen e a Gene Wilder. Stranamente, Lionello non conservava un particolare ricordo dell'esperienza d'aver cantato “Cam caminì”, canzone che è quasi imprescindibile dalla nostra infanzia: quasi qualcosa di ancestrale. Misteri della mente umana) e Rosetta Calavetta (la signora Banks, una divertente e svanitella Glynis Johns, che – grazie alla voce italiana di Marilyn Monroe, l'oca per antonomasia – ha davvero una marcia in più).
In più, davvero notevole è l'adattamento dei testi delle canzoni dei fratelli Sherman (premiati con due Oscar: miglior colonna sonora e canzone,”Chim chim cheer-ee”) di Amurri e Pertitas (alias Roberto de Leonardis, fidato dialoghista di Disney in Italia fin dai tempi di “Dumbo”)
Sarà abbastanza ovvio lodare le scene, i costumi (dell'allora marito della stessa Andrews, Tony Walton), la brillantezza e l'arguzia dei dialoghi (ad esempio il signor Banks risponde a Jane e Michael, che vogliono comprare le briciole per i piccioni: “Sperperare il denaro per volatili vagabondi!...Nemmeno per idea!”. Geniale nella sua aridità!), le acrobatiche coreografie (in cui Dick Van Dyke mostra le sue non indifferenti doti di ballerino) e anche gli effetti speciali (anch'essi premiati con l'Oscar. Ricordiamo ai feticisti della computer grafica che, nel 1964, non esisteva il computer e si ovviava a tale limite con l'immaginazione. Gli extra del dvd rivelano molti retroscena al riguardo e si rimane sbalorditi dalla loro artigianale ingegnosità).
Ed a proposito di computer grafica, che cosa rende immortale questo film presso i bambini (e gli adulti) da oltre 45 anni (e assai probabilmente per i successivi 45), destino che non toccherà agli odierni e un po' troppo standardizzati prodotti Disney di oggi?
Il difetto sta nel manico: ovvero che la Disney di oggi (e NON Disney. Un articolo femminile fa una differenza non da poco!) punta solo ed esclusivamente sullo stupore della perfezione della computer grafica, ma svuota i suoi prodotti di qualsiasi fascino o contenuto (oltre ad appiattirne l'estetica, quasi sempre inquietantemente dark: si ha solo una scala di grigi o una scala di ruggine per ciascun fantasy. Il Disney classico invece era esteticamente riconoscibile, ma non sempre uguale a se stesso. Differenza non da poco).
“Mary Poppins”, invece, mantiene intatto il suo fascino perchè veicola dei contenuti (accennati sopra) che troveranno (speriamo!) sempre forti sostenitori.
I bambini di ogni epoca troveranno toccante l'insegnamento secondo cui nella vita contano i piccoli, ma sinceri gesti di generosità (i “due penni per gli uccellin”).
Assai probabilmente i vari Narnia, le varie tate Matilda e così via saranno guardati dai bambini del prossimo decennio come dei ruderi pechè non fanno altro che cavalcare la moda del momento.
In passato è successo a film di grande successo per l'infanzia (o mirati ad un pubblico assai giovane come “I goonies” o “Wargames – giochi di guerra”, ad esempio) e credo che un destino non dissimile toccherà a questi prodotti.
“Mary Poppins” invece punta al cuore, ma anche al cervello ed all'intelligenza degli spettatori sparsi in tutte le latitudini (cercare e trovare l'affetto e l'attenzione dei propri genitori facendo capire loro che, prima di qualsiasi cosa, viene l'amore per i propri cari, è un valore che potremmo definire - con un orrendo vocabolo preso in prestito dal linguaggio politico - “trasversale” a qualsiasi convinzione culturale, religiosa o politica).
E sulle macerie di questi incassi giganteschi continuerà a volare questa bambinaia canterina, ma risoluta e fascinosamente anarchica (Julie Andrews lo seppe cogliere alla perfezione. Disse che Mary Poppins indossava sempre vestiti dai colori molto seri come blu o grigio, ma che avevano al loro interno fodere di colori tutt'altro che neutri come il rosso. “Sono convinta che avesse una doppia vita” notò con arguzia tutta britannica), che si farà beffa della loro caducità con la sua splendida voce, la sua magia (un po' tutti noi, da piccoli, sognavamo di rimettere a posto la stanza schioccando le dita), ma soprattutto con la sua profonda umanità (cosa del tutto sconosciuta ai suoi epigoni disneyani. Recentemente solo “Wall-e” è stata una splendida eccezione. Benchè un unicum).
Naturalmente saranno i nostri cuginetti, i nostri figli e i nostri nipotini che, a decenni di distanza, si ritroveranno a cantare: “Con un poco di zucchero e la pillola va giù...la pillola va giùùù...pillola va giù”, ricevendone anche una piccola lezione di vita.
E se dovessi prendere un granchio, che il buon Walt mi fulmini!
Tweet